La capacità e la fortuna di fare per caso scoperte inattese e felici.
La parola di oggi arriva dall’Inghilterra anche se in realtà prima di approdare in Gran Bretagna attraversa la Persia, lo Sri Lanka e persino l’Italia.
Quando nel 1754 lo scrittore inglese Horace Walpole inventa la parola serendipity trae ispirazione dal racconto persiano The three princes of Serendip – Serendip era l’antico nome persiano dello Sri Lanka – giunta in Europa nel 1500 grazie alla traduzione italiana di Cristoforo Armeno. Durante il loro cammino i tre principi protagonisti della fiaba, grazie al loro intuito e alla loro prontezza, fanno una serie di scoperte utilissime per la loro sopravvivenza, ma del tutto fortuite.
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Il significato di serendipity è appunto ritrovare qualcosa di inaspettato mentre si sta cercando o facendo altro. Non è dunque il caso il solo artefice della scoperta, ma è il frutto di un lavoro, seppur involontario, di un’esperienza, di un’intenzione. Il termine viene spesso usato in campo scientifico proprio perché descrive la facoltà di trovare le prove a sostegno di un’ipotesi in modo del tutto inaspettato o la capacità di scoprire nuovi fenomeni senza avere avuto l’intenzione di farlo.
L’esempio più eclatante di serendipity è la scoperta dell’America: Cristoforo Colombo si mette in viaggio per raggiungere le Indie e sulla sua rotta si imbatte in un continente sconosciuto.
Anche la nostra vita è costellata di sorprese, di incontri inaspettati e di coincidenze curiose, ma occorre mantenere attiva la nostra attenzione, stimolare la nostra sensibilità, per cogliere quello che la realtà ci offre. Non troveremo l’America, ovviamente, ma forse un vecchio libro dimenticato che ci scalderà il cuore o un’amicizia inaspettata o ancora, perché no, il testamento perduto di una vecchia zia…
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