Calendario d'Avvento 10 dicembre
Non è una Natività. Ma un’immagine che dopo duemila anni brilla ancora della luce di quella notte vibrando l’eco della Buona Novella. Non è una Natività. Ma la sua evocazione e attualizzazione in ogni madre col proprio bambino.
È “Ave Maria a trasbordo” di Giovanni Segantini.
La scena raffigura il momento del trasbordo del gregge da una sponda all’altra del lago di Pusiano, interrotto per un attimo dalla preghiera del’Angelus alla Madonna. C’è una sospensione, un momento in cui nessuno è più lì in quel luogo, l’acqua è immobile, in cielo non ci sono nubi e loro, non recitano dell’annuncio dell’Angelo, del Verbo che si è fatto carne, dell’abbandono alla volontà Divina, in quell’istante sono Maria e Gesù, in quella notte di Natale.
Osservando la tela è evidente il rapporto con la natività: la barca con il tipico arco per la tenda evoca la forma della capanna, l’uomo defilato ricorda quel San Giuseppe cui è toccato il compito di accompagnare Maria nella sua avventura di Madre, le pecore docili animali presenti nelle raffigurazioni sacre, l’unico edificio riconoscibile che richiama i fedeli all’adorazione e quell’abbraccio in cui la donna e il piccolo si abbandonano, rassegnati come la Madonna e il Bambino.
La piccola barca, strapiena, sembra traghettare molto più dei capi di bestiame che trasporta, e la meta del viaggio non è appena la sponda del lago, ma è la salvezza, l’eternità.
Un’eternità densa, concentrica, che segue il tratto tracciato dall’olio della pittura. Ogni cosa, delineata dal pittore, tende all’eternità e si ripercuote all’infinito; il piccolo agnello che appoggia il muso alla barca, le pecore che si specchiano nel lago, i raggi di un sole al tramonto che riflesso nel bacino diviene sorgente.
La terra e il cielo si uniscono in un unico abbraccio, tutta la composizione converge nel punto in cui il sole irradia la luce, che illumina la scena e che da un senso a tutto.
Ave Maria a trasbordo, 1886
Giovanni Segantini
Olio su tela
Museo Segantini di St. Moritz
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