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Le ciaramelle e le lacrime buone di Pascoli

Calendario d'Avvento 11 dicembre

Il profumo di cannella, il gusto del torrone, il suono di una canzone. I ricordi di quando eravamo piccoli che riaffiorano sono legati alle cose semplici e alle emozioni che erano in grado di suscitare, rimangono impressi nella nostra memoria e basta un aroma o una vibrazione per evocarli.

È quello che fa Giovanni Pascoli con la poesia Le ciaramelle, un ricordo della sua infanzia legato al suono di questi piccoli strumenti a fiato che venivano suonati per la novena di Natale insieme alle zampogne. E insieme al ricordo dei canti che gli zampognari suonavano per le vie dei paesi riecheggia, nella memoria del poeta, quel momento incantato dell’infanzia, colmo di stupore e di magia, in cui anche le lacrime erano lacrime buone.

Le ciaramelle e le lacrime buone di Pascoli

LE CIARAMELLE
di Giovanni Pascoli

Udii tra il sonno le ciaramelle,
ho udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.

Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata ne’ suoi tuguri
tutta la buona povera gente.

Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d’ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.

Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.

Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;

suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.

O ciaramelle degli anni primi,
d’avanti il giorno, d’avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;

che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s’accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.

Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;

sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!

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