“Da quanto tempo non scrivi?” mi chiede la perfida vocina.
“Da un bel po’, è vero…”
“Cosa aspetti? Scrivi la prima stupidaggine che ti passa per la testa, no?”
“Ma sei pazza? Sciocca di una vocina… mica posso scrivere così a UFO…”
“E allora inventati qualcosa! Come se ti mancassero le ispirazioni! Mica devi scrivere sempre la verità…”
La perfida vocina ha ragione, di argomenti ce ne sarebbero un’infinità: fra i migliori, meteoriti impazziti e rappresentanti in terra di Sua Onnipotenza che rassegnano le dimissioni dal soglio pontificio al grido di “Domine, non sum dignus”.
Già… Benedetto Papa, ce l’hai proprio fatta sotto il naso.
Eppure qualcuno sapeva. Qualcuno se l’aspettava. Qualcuno lo sospettava.
Così è iniziata la caccia agli improvvisati allenatori del giorno dopo, schierati di fronte a un’armata barbara di microfoni: nel giro di mezz’ora, Piazza San Pietro si è trasformata in una colossale arena giornalistica in cui, cono gelato alla mano, gli inviati di tutto il mondo erano già pronti a farne un caso umano.
Pagine di giornali, dibattiti pomeridiani, ricostruzioni con plastico tridimensionale in seconda serata.
Mari di inchiostro e fiumi di parole fra noi, perché il mondo intero, credente e non, necessitava delle spiegazioni, rispettose delle cinque “W“: who, what, when, where e soprattutto why.
Perché?
Perché tutti dobbiamo sapere. E dopo aver saputo dobbiamo appurare, opinare, investigare.
Dentro la notizia. Oltre la notizia. Fino al cuore della notizia.
Ecco, vi sembrerà scontato, ma quando si arriva al cuore della notizia, significa che le abbiamo già scoperchiato il torace massacrandola per bene. Probabilmente a quel punto il cuore non pulsa neanche più, e senza far tanto rumore il fatto passa nel dimenticatoio.
Oppure, come più spesso accade, cambia semplicemente odore: non stuzzica più le papille come l’origano,il timo e la noce moscata.
No.
A quel punto la notizia ha lo stesso appeal di un bagno pubblico in una stazione della periferia di Milano.
E ditemi pure quello che volete, ma sapere quante volte Sua Santità ha innaffiato le rose del giardino Vaticano, non mi cambia la vita; conoscere nei dettagli i filati utilizzati dal sarto del Sommo Pontefice per cucire i paramenti della Messa di Natale, per me non è propriamente una breaking news.
Ma in questo mondo in cui il privato diventa necessariamente pubblico, forse lo è.
Ci ho pensato molto, sapete?
Forse anch’io dovrei dirvi qualcosa di più di me.
Dei miei viaggi, dei miei studi, di quello che volevo diventare e di quello che sono ora.
Ma so già che finirei per raccontarvi di quella volta che, tutta tronfia, corsi da mio nonno per annunciargli che da grande sarei andata sulla Luna. Avrò avuto 7 anni, ed ero rimasta folgorata dal ritrovamento di un binocolo preistorico con cui, di notte, contavo le stelle.
Quel giorno, mio nonno – che era quasi completamente sordo a causa di una ferita di guerra – stava leggendo il giornale; non appena mi vide arrivare fece spuntare il naso da sopra le pagine.
Alla notizia del mio brillante futuro spaziale, mi guardò con un viso che era tutto un punto interrogativo: non aveva capito niente.
“NONNO!” ripetei aiutandomi a gesti “ho detto che da grande studierò A-S-T-R-O-N-O-M-I-A!”
“Ah, bene bene…!” rispose lui, appoggiando soddisfatto la schiena alla poltrona, prima di rituffarsi nella lettura dei necrologi “Ottimo, ottimo: GASTRONOMIA!”
Fin da piccola nessuno mi prendeva sul serio…
Ecco, oggi ho pensato a questo…
Al di là della fede, del gusto e delle convinzioni personali, di Joseph Ratzinger mi resteranno in mente le parole con cui spiegava lo scopo della sua missione terrena.
Recitava così:
”seguire la verità, stare al suo servizio […] perché nel mondo di oggi il tema della verità viene quasi totalmente sottaciuto; appare infatti come qualcosa di troppo grande per l’uomo, nonostante che tutto si sgretoli se manca la verità”.
Queste parole, riproposte oggi nello schermo piatto di cui non possiamo più fare a meno, le pronunciò quando io ero ancora in fasce. Era il 1982 eppure oggi, a distanza di 30 e passa anni, sono parole che ancora riescono a far vibrare.
Ho pensato a un ragazzino dell’alta Bavaria che forse da piccolo sognava di fare l’astronomo come me, e che invece è diventato Papa… un Papa per certi versi discutibile, ma cui va riconosciuto un valore molto terreno, che è quello del coraggio: il coraggio della verità.
La verità è incolore e inodore.
Non è pubblica e non è privata.
E’ pura come l’acqua e leggera come l’aria.
Ed è spesso talmente inattesa, semplice e chiara da far paura.
Ecco allora spiegato a cosa servono i microfoni, i dibattiti, i plastici: a farla rimbalzare, a sfumarne i contorni, a scarnificarla poco per volta, fino ad arrivare al cuore.
E dopo che su di lei avremo detto tutto e il contrario di tutto, quando l’avremo sfigurata e resa irriconoscibile, solo allora – forse – sarà più accettabile.
Più frammentata. Più distorta. Più condivisa.
E, sicuramente, meno dolorosa.
Ho i poteri eh…
A buon intenditor, poche parole. Good Morning & love