I dieci punti che fanno chiarezza su quello che sta accadendo in Australia, spiegati dal ricercatore forestale Giorgio Vacchiano e che abbiamo cercato di riassumere.
1) Quanto territorio è in fiamme?
Gli incendi hanno percorso da ottobre a oggi circa 8 milioni di ettari. In sole quattro annate negli ultimi 50 anni la superficie bruciata ha superato un milione di ettari. Un aspetto inedito è la simultaneità dei fuochi su territori enormi, che che di solito si alternano nell’essere soggetti a incendi. E non siamo che all’inizio dell’estate, perciò queste cifre saliranno ancora, potenzialmente fino a 15 milioni di ettari percorsi dal fuoco. L’Australia è grande 769 milioni di ettari, quindi non possiamo dire che stia bruciando un continente.
2) Quale vegetazione sta bruciando?
Si tratta soprattutto di foreste di eucalipto e del bush, una savana semi arida con alberi bassi, fitti o sparsi, fatta soprattutto di erbe e arbusti e simile alla macchia mediterranea, una vegetazione nata per bruciare. Il clima dell’Australia centrale è stato molto arido negli ultimi 100 milioni di anni, e gli incendi causati dai fulmini sono stati così frequenti da costringere le piante a evolversi per superarli nel migliore dei modi: lasciarsi bruciare! Il fuoco infatti, se da un lato distrugge la vegetazione esistente, dall’altro apre nuovi spazi perché le piante si possano riprodurre e rinnovare. Molte specie del bush contengono oli e resine molto infiammabili, in modo da bruciare per bene e con fiamme molto intense quando arriva il fuoco. Poiché i semi di queste specie sono quasi completamente impermeabili al fuoco, questo stratagemma è l’unico modo per battere la vegetazione concorrente e riprodursi con successo sfruttando le condizioni ambientali avverse a proprio vantaggio. Tuttavia, questa volta le condizioni di siccità sono così estreme che sono in fiamme anche ecosistemi forestali tradizionalmente più umidi e raramente interessati dal fuoco.
3) Cosa ha causato le accensioni?
In Australia, metà delle accensioni sono causate da fulmini, e metà dall’uomo per cause sia colpose che dolose. Gli incendi più grandi tendono tuttavia a essere causati dai fulmini, perché interessano le aree più remote e disabitate.
Stanno circolando notizie relative all’arresto di presunti incendiari. In parte sono state dimostrate essere notizie false diffuse per negare il problema del clima. Inoltre non si tratta di piromani, in inglese la definizione di Arson include sia il dolo che la colpa. Tuttavia è evidente che qui il problema non è cosa accende la fiamma, ma cosa la fa propagare una volta accesa – sono due fasi diverse e ben distinte.
4) Cosa sta causando il propagarsi delle fiamme?
Il 2019 è stato in Australia l’anno più caldo e più secco mai registrato dal 1900 a oggi. Un’ondata di calore terrestre e marina ha fatto registrare nel Paese temperature record a dicembre (42 °C di media nazionale, con punte di 49), mentre la siccità si protrae ormai da ben due anni. Quando l’aria è calda e secca, la vegetazione evapora rapidamente acqua e si dissecca. Più la siccità è prolungata, più grandi sono le dimensioni delle parti vegetali che si seccano. Quando anche le parti più grandi (fusti e rami) perdono acqua, cosa che avviene molto raramente, gli incendi possono durare più a lungo.
Quello che diffonde le fiamme, invece, è il vento, che spinge l’aria calda generata dalla fiamma sulle piante vicine. Normalmente, gli incendi più vasti si verificano infatti in giornate molto ventose. Incendi molto grandi e intensi sono addirittura in grado di crearsi il vento da soli. Il risultato è una firestorm, il “vento di fuoco”, con il quale l’incendio si auto-sostiene fino all’esaurimento del combustibile disponibile.
5) Come mai gli incendi non si riescono a spegnere?
Per estinguere un incendio è necessario eliminare il combustibile. L’acqua e il ritardante lanciati dai mezzi aerei possono solo rallentare la combustione, ma per eliminare il combustibile servono le squadre di terra. Incendi di chioma intensi come quelli che si stanno sviluppando in Australia possono generare fiamme alte decine metri, procedere a velocità superiori a dieci chilometri orari e sviluppare una potenza che non consente alla squadre di terra di operare in sicurezza.
6) Quali sono gli effetti degli incendi?
Il bush Australiano è un ambiente che desidera bruciare con tutte le sue forze, e bruciando migliora il suo stato di salute e la sua biodiversità – con i suoi tempi, rigenerandosi nel corso di anni o decenni. Anche gli animali conoscono il pericolo e molti sanno rispondere: la stima di un miliardo di animali coinvolti rilanciata dai media è una stima grossolana e un po’ allarmista, che considera ad esempio anche gli uccelli che ovviamente possono volare e allontanarsi dall’area.
Gli animali più piccoli e meno mobili (koala, ma anche anfibi, micromammiferi e rettili) possono effettivamente non riuscire a fuggire, e questi habitat saranno radicalmente modificati per molti anni a venire e molti animali on troveranno più condizioni idonee. Altri, in compenso, ne troveranno addirittura di migliori. È un fenomeno noto in Australia quello per cui alcuni falchi sono in grado di trasportare rametti ardenti per propagare attivamente gli incendi su nuove aree, liberando così la visuale su nuovi territori di caccia.
Gli incendi invece possono creare forti minacce alle specie rare di piante e sono soprattutto molto problematici per l’uomo: già 25 vittime per un totale di 800 morti dal 1967 a oggi, il fumo che rende l’aria pericolosa da respirare, proprietà e attività distrutte per miliardi di dollari di danni. In più, gli incendi creano erosione, aumentano il rischio idrogeologico e rischiano di rendere a loro volta ancora più grave la crisi climatica sia a livello globale che locale, depositando i loro residui sui ghiacciai neozelandesi che, resi così più scuri, rischiano di fondersi con maggiore rapidità.
7) Cosa c’entra il cambiamento climatico?
La straordinaria siccità australiana è stata generata da una rara combinazione di fattori. Si è verificato con una intensità senza precedenti un fenomeno climatico detto il Dipolo dell’Oceano Indiano, una configurazione che porta aria umida sulle coste Africane e aria secca su quelle Australiane. È dimostrato che il riscaldamento globale può triplicare la frequenza di eventi estremi. A questo si è sovrapposto, a settembre 2019, un evento di riscaldamento improvviso della stratosfera (oltre 40 gradi di aumento) nella zona Antartica, anch’esso straordinario che ha portato ulteriore aria calda e secca sull’Australia. Il terzo fenomeno è stato uno spostamento verso nord dei venti occidentali che porta aria secca e calda sull’Australia e sembra venga favorito sia dal climate change che, pensate un po’, dal buco dell’ozono.
Il cambiamento climatico quindi c’entra eccome, sia nella sua azione diretta (l’aria Australiana si è riscaldata mediamente di almeno un grado nell’ultimo secolo) sia indirettamente attraverso le sue influenze sulle grandi strutture meteorologiche dell’emisfero sud.
8) Cosa c’entra la politica australiana?
Molte critiche si sono concentrate sul governo Australiano, responsabile di non impegnarsi abbastanza per raggiungere i già modesti impegni (riduzione delle emissioni del 28% dal 2005 al 2030) che il Paese aveva contratto volontariamente agli accordi a Parigi. Il problema principale è che l’economia dell’Australia è fortemente basata sull’estrazione e l’esportazione di carbone, un combustibile fossile la cui estrazione non è compatibile con il raggiungimento degli obiettivi di Parigi per contenere il riscaldamento della Terra al di sotto di 1.5 °C rispetto all’epoca preindustriale. L’industria del carbone impiega quasi 40 000 lavoratori australiani ed è fortemente sussidiata dal governo. L’attuale governo conservatore, come in altre parti del mondo, è tendenzialmente restio a decarbonizzare l’economia nazionale.
Tuttavia non occorre confondersi: ogni nazione è connessa a ogni altra. Gli incendi in Australia non sono solo responsabilità del PM Morrison o di chi l’ha eletto, ma di tutte le attività che nel mondo continuano a contribuire all’aumento della CO2 atmosferica – produzione e consumo di energia (30%), trasporti (25%), agricoltura e allevamento (20%), riscaldamento e raffrescamento domestico (15%) e deforestazione (10%) – tutte cose di cui sei responsabile anche tu che leggi, e anche io che scrivo (sì, anche la deforestazione tropicale).
9) Si poteva prevedere o evitare?
Le istituzioni di ricerca australiane sull’ambiente e lo stesso governo concordano nel segnalare un aumento del pericolo incendi in Australia a causa del cambiamento climatico, con grado di probabilità virtualmente certo. Anche l’arrivo di configurazioni meteorologiche di grande pericolosità è monitorato e conosciuto con un buon anticipo. Gli allarmi sono stati diramati e le evacuazioni correttamente effettuate, a quanto mi è dato di sapere. Ma la difficoltà è mantenere operativo un sistema che ha bisogno di attivarsi su vastissima scala solo una volta ogni decennio.
L’altro strumento per evitare gli incendi è la prevenzione, che viene svolta su grandi estensioni con la tecnica del fuoco prescritto, che elimina il combustibile utilizzando una fiamma bassa e scientificamente progettata (un tipo di intervento approvato anche da molti ecologisti australiani, e praticato da quarantamila anni dalle popolazioni aborigene). Nel 2018-2019 sono stati soggetti a questo trattamento 140.000 ettari di territorio, la cui applicazione è però limitata dalla mancanza di fondi e, sempre lui, dal cambiamento climatico, che riduce il numero di giorni con condizioni meteorologiche idonee ad effettuarlo. C’è da dire che l’intensità della siccità e degli incendi in corso avrebbe messo probabilmente in difficoltà anche i servizi e le comunità più preparate.
10) Cosa possiamo fare?
Ridurre le nostre emissioni con comportamenti collettivi e ad alto impatto. Sforzarci di vedere l’impronta del climate change e delle nostre produzioni e (soprattutto) dei nostri consumi in quello che sta succedendo. Il problema più grande che abbiamo è questo. I koala sono colpiti duramente, ma domani toccherà ancora ad altri animali, altri ecosistemi… altri uomini. E forse anche a noi.
Per chi vive a contatto con un bosco, informarsi sul pericolo di incendio e sulle pratiche di autoprotezione necessarie a minimizzare il rischio alla vostra proprietà: gli incendi colpiranno di nuovo anche in Italia, con sempre più intensità, e possibilmente in luoghi in cui non ve li aspettereste. Sapersi proteggere è estremamente importante.
Se volete leggere tutto l’articolo di Giorgio Vacchiano ecco il link.