Non per rovinarvi la festa, ma… alla fine è andato tutto bene.
Prima di uscire completamente collassata dalla sala travaglio, un’ostetrica aveva chiesto con una voce terribile a Lorenzo se fossimo “davvero sicuri che il bambino fosse solo uno”, o se invece, per caso, non fossero due…
Ecco, in quei momenti puoi aspettarti al massimo che ti dicano “è una femminnuccia!” mentre tutto il tuo corredino è apparecchiato nei toni dell’azzurro e del verde… ma non che nella pancia hai “due al posto di uno”… tipo una nota pubblicità degli anni ’80 di una altrettanto nota marca di detersivo per lavatrice.
Tuttavia, nei trenta metri che mi separavano dalla sala parto, venne chiarita rapidamente la natura del problema: il monitoraggio registrava effettivamente due battiti, di cui il primo, percepibile in acustica, era il cuore del mio cucciolo; l’altro, visionato a monitor, era il battito stanco della mia vena ombelicale, talmente spalmata sull’addome da essere recepita ovunque venissero posizionate le placche.
Ero quindi destinata a tenermi un fustino solo. Perché più Ricky, non si può.
So’ soddisfazioni.
Detto questo… dove eravamo rimasti?
Sala parto. Ore 7.28
Due mani forti e calde mi scuotono le spalle, e una voce imperiosa, una voce straniera, mediorientale, mi risveglia: “Sigh-gnorra! Sigh-gnorra! Prego, prego! Si svegh-li!”
Mi tira due sberle.
Infermiera numero 1: “Dottor Samir, si calmi, adesso la stabilizziamo…”
Infermiera numero 2: “Daniela, Daniela! Sveglia! Forza! Dai che ci siamo!”
Lorenzo (piangendo): “Amore, amore ti prego, svegliati, va tutto bene…”
Apro gli occhi e la luce della scialitica mi taglia le pupille.
La prima cosa che guardo è la mia pancia: l’enorme sfera rosa è ancora lì. Un gigantesco monoblocco rotondo di carne palpitante. Potrei essere la modella perfetta per un quadro di Botero.
Intorno a me, gira vorticosamente un’équipe di 6 elementi: mi guardano come una bistecca da affettare, di sopra, di sotto, di fianco.
In quello, mi rendo conto che il medico che mi ha presa a schiaffoni è un ginecologo visto per caso, giorni prima, in reparto. All’epoca non mi aveva ispirato molta fiducia, e mi ero segretamente augurata di non essere assistita da lui, nel momento cruciale…
Regola del contrappasso, è il capo équipe: ancora non lo so, ma alla fine sarà lui a “salvare” Riccardo (incastrato nel canale del parto) e ad aiutarlo a vedere la luce.
Mi si piazza davanti: lungo, magro, la pelle olivastra, barba e baffi candidi che spuntano dalla mascherina. Gli manca il turbante, sembra uno dei Re Magi. Non trovo niente di meglio che dirglielo in un rantolo di saliva:
“Lei assomiglia moltissimo a… Come si chiamavano… Gaspare, Melchiorre e…”
Mi interrompe: “Sigh-norra, prestopresto, poco tempo c’è. Lei ora discende di qui e sale di lì”.
Lo guardo meglio: non è un Re Magio. E’ la versione slim-fit di Babbo Natale. Devo avere la stessa espressione di una mucca che vede passare il treno. Lorenzo è dietro di me, prende l’iniziativa: è vestito con un camice azzurro, copriscarpe, una cuffietta verde in testa. Com’è buffo. Mi prende da sotto le ascelle.
“Dani, dai, siamo seri… ci siamo, forza! Alzati!”
Ho tanta voglia di fargli presente che lui non è Gesù, e io non sono Lazzaro, ma non riesco a muovermi. Sono inchiodata: le contrazioni sono finite, io sono finita, ho voglia di spingere e non ho più le forze per farlo.
Come se non bastasse, fino a cinque minuti fa mi si prospettava un parto gemellare, e sarò assistita da un medico che non solo ho appena insultato, ma che ha lo stesso nome di un antidepressivo: SAMIR.
Che magnifica giornata per mettere al mondo mio figlio…
Provo a dire “aiutatemi”, senza voce.
Mi leggono il labiale, si avvicinano in quattro. Le due ostetriche, le due infermiere.
L’ostetrica prende l’iniziativa: “Insomma, qua facciamo notte! Forza, al mio tre: uno (mi agganciano) due (caricano) eeeee… tre!” mi sollevano. Come una balena.
Forse non sono in ospedale. Forse sono su una nave di Greenpeace.
E infatti…
Rumore di acqua… uuhhh… ecco la vasca… sì… salvezza! In fondo alla stanza, in un angolo buio, si intravede una vasca di acqua tiepida. Dolce, avvolgente liquido primordiale… muovo due passi, alzando le braccia come un pupazzetto della Lego… “ooohhh… la vasca… il parto in acqua… SIIIIIIII! ”
Il Babbo Natale dal camice azzurro interviene: “nono, Sigh-norra, non ci è più tempo per vasca… subito subito, su lettino! Opplà!”
Mi trascinano a forza, impossibile opporsi. Ho una camicia da notte bianca (chissà quando me l’hanno messa). E nel tango argentino di “spingi – respira – dai – non adesso – tienile la testa giù” viene presa la decisione di aiutarmi: perché la testa del piccolo è a metà strada e non ne vuole sapere di andare avanti.
Perché Ricky non ce la fa, e anche la sua mamma non ce la fa.
E perché, aspetto non trascurabile, fra dieci minuti c’è il cambio turno del personale.
Il dottor Samir è seduto di fronte a me: impugna una siringa grande come un plum-cake del Mulino Bianco e mi dice “trankuilla, sigh-norra, trankuilla… facciamo piccola piccola punturella e tutto passa subitamente…”
Come vedo l’ago davanti alla mie gambe, dal profondo dei miei polmoni esce un grido di guerra:
“Oh, no, no, nooooooOoOoOoOoOOOO!!!!!”
E’ un attimo: salto giù dal lettino, cerco di darmi alla fuga.
In tre mi prendono al volo prima che cada per terra.
“Ma che fa?”
“E’ impazzita?!?!?”
“Prendetela!!!”
“Ferma, sigh-norra, fermaaaaaaaaa!!!”
“No, no, noooo, lasciatemiiiii!!!”
“Daniela, è un attimo, passerà tutto” mi dice un’ostetrica. “Non guardare cosa fa il dottore, guarda da un’altra parte… guarda in alto!”
Non ho mai ricevuto un consiglio peggiore di quello, in vita mia: il soffitto della sala parto è completamente SPECCHIATO, così mi godo la scena dalla tribuna d’onore. Anestesia perineale e incisione latero-mediale di 4 cm. Urlo, piango, mordo una mano – scoprirò qualche ora dopo che la mano era quella di Lorenzo che mi teneva la testa.
E poi, il vagito di Riccardo che inonda la sala.
Respira l’aria a pieni polmoni, figlio mio, quel primo respiro che brucia come fuoco vivo. Respira, vita mia, e non smettere mai di farlo.
Guardo davanti a me, il dottor Samir lo tiene per i piedi, come un capretto: “Ekkolo qui, bello bello maschietto, sigh-norra!”
“Attento, dottore!” grida l’infermiera: Chicco sta facendo la pipì addosso a tutta l’équipe. Così, ridono tutti. Rido anch’io, fra le lacrime. Lorenzo mi abbraccia. Siamo senza parole. Mi appoggiano il piccolo urlante sulla pancia – uh, ma guarda… la mia pancia non c’è più…! -.
L’enorme orologio di fianco a me segna le 7:56 di mercoledì 26 agosto 2009.
Riccardo è nato: pesa 4100 gr, è lungo 52 cm.
Lo abbraccio, impacciata, senza sapere come si fa.
Ci abbracciamo tutti e tre: io, Lorenzo e nostro figlio… un piccolo presepe moderno fuori stagione.
Poi Lorenzo mi bacia, deve uscire col bambino.
Io resterò in osservazione alcune ore: durante il secondamento perderò molto sangue e avrò un accenno di convulsioni. Cose che succedono, ma come vedete sono sopravvissuta e ve lo sto raccontando.
L’ultimo ricordo che ho è il camice di Lorenzo in fondo al corridoio, e il viso di un’infermiera chino sul mio, mentre mi mette la maschera dell’ossigeno.
Mi accarezza il viso, forse mi dice qualcosa, mentre con la mano mi aiuta a chiudere gli occhi.
Allora, mi addormento… ed è la prima volta, da quando sono diventata mamma.
Grazie 1000… Dani non potevamo resistere ancora senza sapere il gran finale… E penso che ognuna di noi si sia in qualche modo rivista nel tuo racconto. Le mie sono nate entrambe nell’acqua, a Correggio. La prima bellissima ma per farla nascere mi hanno imbottita di ossitocina… (in pastigle che io prontamente sputavo) la seconda esattamente come Riccardo, è rimasta lì incastrata e non ne voleva sapere di muoversi ma alla minaccia di portarmi in sala parto ho ringhiato a tutti urlando di lasciarmi stare che sapevo io cosa fare… e infatti qualcosa mi ha scosso e lei è uscita… nell’acqua! Alla fine ho vinto io e le ho fatte nascere esattamente come volevo…
Dani…. grazie ! Che non ti salti mai in mente di smettere di scrivere !!! Mai !!! Anch’io mi sono rivista …. Lorenzo e’ nato ad Agosto, in acqua e pesava 4 kg …. ne ho sparate talmente tante che l’ostetrica, alla fine mi ha detto : E’ stato bellissimo, Marzia … Ti devo ringraziare , perche’ non mi sono mai divertita cosi’ tanto durante un parto ! Se decidi di fare un altro bambino, chiamami perche’ non voglio assolutamente mancare ! ….
Dani , hai partorito il giorno dopo di me ! Il mio cucciolo è nato il 25 agosto 2009, con 15 giorni di ritardo rispetto alla presunta dpp 🙂 Fortunata io !!! Complimenti per il racconto, mi è venuta la pelle d’oca!!!