Chi sono e da dove vengono i bambini ritratti nella foto? Qualcuno è mai caduto in acqua?
La scuola è iniziata, dopo tanti mesi di incertezza e con qualche attenzione, finalmente i nostri bimbi sono tornati tra i banchi. Se oggi l’inizio della scuola ci sembrava appeso a un filo, alla fine degli anni cinquanta a scuola c’era chi ci andava davvero appeso a un filo. Ce lo racconta questa celebre immagine scattata nel 1959 da Franco Gremignani, ai tempi fotoreporter dell’agenzia Publifoto (in seguito diverrà il responsabile dei servizi fotografici del Corriere della sera).
All’epoca i rotocalchi riservavano qualche pagina per raccontare aneddoti e curiosità di un Paese sospeso tra macerie e benessere. Sospeso proprio come i bambini di alcune frazioni di Guiglia, un comune sperduto tra le sassose colline modenesi. La scuola più vicina era a Casona di Marano e per arrivarci occorreva oltrepassare il fiume Panaro, ma il ponte era stato bombardato durate la guerra, la ricostruzione richiedeva tempo e denaro e a scuola i bambini ci dovevano pur andare. Già per arrivare al fiume bisognava camminare un bel po’, ma il problema era passare di là visto che l’altro ponte, quello ancora in piedi, era distante molti chilometri. Durante l’estate quando c’era poca acqua, bastava una passerella di legno, d’inverno invece il fiume si gonfiava e le sponde si allontanavano.
Così, lì dove una volta sorgeva il ponte, qualcuno decise di tirare una fune d’acciaio ben tesa per consentire a piccole carrucole, dalle quali pendeva una specie di seggiolino di cuoio, di scivolare da un’argine all’altro del Panaro. Qualcuno poi ricorda che la carrucola occorreva portarla da casa poiché spesso venivano rubate.
Osservando la fotografia possiamo solo immaginare cosa provavano i bambini che due volte al giorno oltrepassavano quel fiume minaccioso per andare e tornare da scuola. Un misto tra eccitazione e paura? Tra gioco e timore? In alcuni tratti era sufficiente lasciarsi scivolare, in altri bisognava aiutarsi con le mani, facendo sempre attenzione a non perdere nulla di quello che si aveva addosso. Probabilmente il freddo gli congelava le mani e il naso, l’aria gelida del fiume penetrava attraverso i cappotti, sopra i calzettoni. Chissà come gli appariva lontana quella sponda e che paura avevano di perdere una scarpa o il prezioso contenuto dello loro cartelle. Forse per qualcuno era la cosa più divertente della scuola!
Sembra incredibile, ma quella teleferica che collegava i bambini da casa a scuola restò in funzione fino al 1980 e, pare, che in quasi venticinque anni di attività solo qualche bimbo si sia fatto un tuffo inatteso nel Panaro e comunque senza gravi conseguenze.
Così, nella nostra epoca iper—tecnologica con qualunque di tipo di mezzo a nostra disposizione e nonostante i nostri figli non debbano guadare fiumi appesi ad una carrucola (e meno male), per un periodo la scuola è sembrata essere lontanissima, quasi irraggiungibile. Con qualche sacrificio siamo riusciti a renderla ancora una volta più vicina e più sicura, anche se uno dei nodi da sciogliere riguarda proprio i mezzi di trasporto… Dovremo mantenere le distanze di sicurezza, misurare la temperatura, disinfettare le mani e indossare mascherine, ma in fondo siamo i figli e i nipoti di quei bimbi coraggiosi che attraversavano il Panaro negli anni cinquanta, cosa può spaventarci?
Un video dell’epoca dell’Istituto Luce.