Una giornata dedicata all’eccellenza femminile in scienza, tecnologia, ingegneria e matematica in onore di Ada Lovelace che lavorò alla prima macchina analitica della storia, ovvero l’antenato del computer.
Ogni secondo martedì di ottobre si celebra l’Ada Lovelace Day: una giornata dedicata alle donne che si sono distinte nelle carriere scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, ma anche di ispirazione per le ragazze che si affacciano al mondo del calcolo e della scoperta. Un modo per far uscire le “women in tech” dall’invisibilità cui troppo spesso sono relegate.
Chi era Ada?
Augusta Ada Byron, contessa di Lovelace, nasce a Londra nel 1815. È la figlia del poeta George Byron e della baronessa Anne Isabella Milbanke, grande matematica soprannominata dal marito “la principessa dei parallelogrammi”. Grazie alla madre Ada riceve un’educazione scientifica (del tutto insolita per una donna di famiglia aristocratica dell’epoca) e sviluppa una bruciante passione per la matematica.
Quando nel 1842 le viene commissionata la traduzione in inglese della descrizione di un prototipo meccanico di computer, ideato dal matematico Charles Babbage, scrive un articolo molto più lungo dell’originale al quale aggiunge annotazioni e commenti personali. Anche se le sue note rappresentano veri e propri programmi in miniatura, la portata visionaria di questi contributi viene scoperta solo nella seconda metà del novecento. In suo onore, nel 1980, il dipartimento di Difesa statunitense deciderà di chiamare “Ada” un linguaggio di programmazione appena sviluppato.
A questa straordinaria scienziata viene attribuito l’onore di aver lavorato al primo algoritmo della storia, per molti un programma informatico in piena regola, ma perché oggi vogliamo ricordarla?
Lo scopo è creare e supportare modelli femminili capaci di eliminare, anche a livello psicologico, ogni residuo sbilanciamento a favore dei maschi in campo scientifico. Celebrare Ada ha quindi una valenza trasformatrice, serve a rendere visibile la presenza crescente di donne nelle scienze e a trasformarla nella normalità di domani: perché la sua straordinarietà diventi semplicemente un po’ più comune.